martedì 30 gennaio 2007

LA QUESTIONE DI CIPRO

LA QUESTIONE DI CIPRO NEL DIRITTO INTERNAZIONALE


La questione cipriota è la problematica più annosa. È una delle più risalenti questioni ancora oggi aperte nell’ambito della comunità internazionale che le Nazioni Unite si trascinano senza riuscire a venirne a capo.
Periodicamente, il Consiglio di Sicurezza si è dovuto occupare della vicenda cipriota per eventi che hanno afflitto quell’isola e questo inizia con l’anno 1963, quando apparvero i primi scontri fra le due comunità la cui convivenza è sempre stata difficile, cui forse potremmo ricordare che ci sono radici storiche antichissime, probabilmente affondano addirittura all’epoca della guerra di Troia, questa convivenza, che non è stata assolutamente forviera di buon vicinato e, nell’isola di Cipro, si ritrovano appunto questi contrasti non sopiti e si va sempre alla ricerca di un modo di superamento dei medesimi che sia reciprocamente accettabile o soddisfacente in relazione anche alle idee moderne di convivenza pacifica fra le comunità.
Nel 1963, è incominciato l’interesse concreto del Consiglio di Sicurezza della situazione perché gli scontri fra le due comunità portarono dapprima gli inglesi su quel territorio, in seguito, su sollecitazione degli stessi inglesi, portarono alla creazione di una forza di peace-keeping, di mantenimento della pace, di una forza cuscinetto fra i contendenti che è una delle classiche operazioni di peace-keeping delle Nazioni Unite, che istituito originariamente per periodi limitati, infatti, si partì con tre mesi, ma successivamente è sempre stata regolarmente rinnovata e tuttora è presente; quindi sono trascorsi oltre quarant’anni e questa presenza delle Nazioni Unite, attraverso questa sorta di caschi blu, si protrae ancora oggi, segno tangibile del fatto che permane una situazione di tensione che è suscettibile di degenerare in qualunque momento e che è tenuta a bada proprio dalla presenza fisica di queste forze delle Nazioni Unite.
Dopo il 1946, si è avuto l’intervento militare della Turchia sulla base dell’esigenza di fronteggiare un tentativo di colpo di Stato, tendeva a realizzare l’annessione praticamente dell’isola alla Grecia all’epoca. Questo era il principio dei colonnelli e quindi del prevalere di idee piuttosto così decise in materia di uso della forza per il conseguimento dei risultati.
L’intervento militare turco del 20 luglio 1974, che la Turchia giustificava basandosi su talune disposizioni del Trattato di Garanzia del 1960, era tuttavia un intervento sicuramente da valutare in termini di contrasto, e con il trattato di garanzia medesimo che pure la Turchia invocava e, soprattutto, anche al di là dei dubbi che questo riferimento alle norme del trattato potevano determinare sicuramente con l’articolo 2 paragrafo 4 della Carta delle Nazioni Unite – i membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso della forza, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia un qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite – cioè quella norma fondamentale della Carta che pone il divieto dell’uso della forza nelle relazioni internazionali, specialmente se poi si tratta di un uso della forza che è diretto contro l’integrità territoriale di uno Stato. L’integrità territoriale è un punto decisivo in tutta questa vicenda, è una considerazione che domina in positivo la situazione.
Il rigetto o il rifiuto deciso di ipotesi e di annessione e di divisione o di spartizione dell’isola è in fondo un corollario, ma un’applicazione di questa idea fondamentale della integrità territoriale che le Nazioni Unite in principio difendono per la ragione che non si può impedire giuridicamente una secessione, ma purché non si tratti di una secessione, per così dire, alimentata o fomentata o appoggiata dall’esterno, purché non sia una secessione indotta dall’esterno.
L’idea, d’altra parte, che si potesse fare riferimento alla autodeterminazione dei popoli che è un’idea difesa dei turco-ciprioti specialmente dal capo del governo cipriota che è sempre lo stesso dall’epoca in cui questo problema si pose per la prima volta all’attenzione del Consiglio di Sicurezza, dal tempo per cui acquistò l’indipendenza la Turchia nel 1960; quest’idea è stata respinta dalla comunità internazionale perché non si in un ambito proprio dell’autodeterminazione quando ci si riferisce a Cipro.
Sull’autodeterminazione, prevalendo la idea della integrità territoriale che è il principio, il concetto antitetico a quello dell’autodeterminazione la quale porta alla secessione.
Il riconoscimento di un popolo del diritto del diritto di autodeterminazione, secondo una tendenza della comunità internazionale che si è andata sviluppandosi, in modo essenziale, in materia di lotta al colonialismo e, quindi, di affrancamento dei popoli della dominazione coloniale, trova un suo limite nell’integrità territoriale che in principio va rispettato da parte degli Stati.
Il Consiglio di Sicurezza di fronte all’intervento militare turco reagì prontamente con l’adozione di due risoluzioni che sono capisaldi nell’ambito di questa vicenda complessiva di Cipro: la risoluzione del 20 luglio 1974 ed un’altra del 12 marzo 1975, che peraltro segue una risoluzione dell’Assemblea Generale del novembre 1974 e che fa propria questa risoluzione. Entrambi gli organi furono investiti della cognizione della questione e si pronunciarono.
La sostanza di queste risoluzioni fu in pratica di chiedere che cessassero i combattimenti ed esigere e non imporre, che si ponesse fine all’intervento militare straniero a Cipro in quanto intervento in contrasto con la sovranità, l’integrità territoriale e l’indipendenza politica, l’unità dello Stato di Cipro e l’invito, successivamente, a ripristinare condizioni pacifiche e l’ordine costituzionale che era stato turbato appunto dall’intervento di forze militari. E questo del ritiro delle forze militari straniere diventa una sorta di valido motivo nelle risoluzioni, nelle prese di posizioni delle Nazioni Unite a questo riguardo. Richieste di ritiro, non si direbbe che si possa individuare decisioni e, quindi, valutazioni nettamente negative della situazione che, peraltro, non sono mai seguite, per quanto concerne l’intervento militare, dall’applicazione di sanzioni nei riguardi dello Stato che si rende colpevole della violazione del divieto dell’uso della forza.
Vi è sempre un atteggiamento relativamente morbido del Consiglio di Sicurezza, cosa che si inquadra nella situazione internazionale complessiva dell’epoca, nella quale il sistema di garanzia collettivo, previsto dalla Carta delle Nazioni Unite, funzionava poco male per la ragione che era bloccato generalmente dal vero incrociato di questo o quello dei cinque membri Permanenti del Consiglio di Sicurezza e, d’altra parte, gli stessi Stati, che erano interessati più direttamente alla composizione del conflitto, non volevano; in pratica, questo emergeva dalla lettura dei temi della situazione, forzava la mano nei confronti di questo o quello dei contendenti. Non si dimentichi che e la Grecia e la Turchia facevano parte della NATO. Era una classica controversia nell’ambito di un certo campo delle relazioni internazionali quello che registrava come capofila – appunto gli Stati Uniti – in contrapposizione al campo dominato dall’URSS e per quanto fosse perniciosa questa situazione la tendenza era non pronunciarsi nettamente a favore dell’uno o dell’altro, ma piuttosto a superare il conflitto e soltanto le parti ad un regolamento politico della questione e questo è infatti un altro lift motif che ricorre nelle risoluzioni concernenti questo campo, dove, appunto, si cerca sempre di spingere le parti verso la ricerca di un regolamento politico.
Si mette da parte l’idea di un intervento sanzionatorio. Prevedere sanzioni che non si significa necessariamente azione coercitiva che era terribilmente arduo poter immaginare in quel periodo, ma neppure misure non implicanti l’uso della forza con quello di carattere economico, anche da quelle che pure la Carta delle Nazioni Unite prevede come conseguenza di un accertamento della violazione della pace o di un atto di aggressione, anche di una mera minaccia alla pace, pure quelle venivano, praticamente, poste da parte nel senso che non si ricorrevano ad azioni di misure del genere e si spingeva, al contrario, verso un regolamento politico della questione; la ricerca, quindi, di una soluzione concordata tra le parti in ordine al problema che era sul tappeto. Le Nazioni Unite, contemporaneamente, peraltro, attraverso e il Consiglio di Sicurezza e l’Assemblea Generale, rivolgono l’attenzione all’effetto, per così dire, dell’intervento militare turco, che è costituito dalla proclamazione di uno stato federato turco, a seguito dell’intervento del 1974 e che, successivamente, nel novembre 1983, diventa proclamazione di uno Stato indipendente. Uno Stato indipendente della Repubblica turca di Cipro del Nord, che viene proclamato in funzione abbastanza trasparentemente dell’obiettivo politico di creare un fatto compiuto, facendo leva sul principio di effettività, che è un principio che domina tradizionalmente le relazioni internazionali, per cui dinanzi ad una secessione che si realizza e quindi alla nascita oggettiva dei fatti di uno Stato indipendente e sovrano. La comunità internazionale non ha che da prendere atto della situazione e, quindi, riconosce il dato di fatto del processo di formazione di un nuovo Stato.
Di fronte a questa situazione che è, appunto, il portato dell’intervento militare del 1974, poi ha un suo seguito anche più spinto e rilevante nel 1983 con la proclamazione dello Stato indipendente, si passa dall’affermazione di un autonomia di tipo federale che implica sempre l’accettazione di un’autorità sopra ordinata; appunto, l’autorità federale che si contrappone all’autorità dello Stato federato cioè ad un margine di autonomia ma, comunque, rientra in un quadro statale più ampio che non comprende. Si passa da questo alla proclamazione di uno Stato indipendente e, quindi, rifiutando qualunque autorità sovra ordinata sotto qualunque versante, uno Stato, che nell’intendimento di chi lo proclama, si contrappone allo Stato sotto la cui autorità quella popolazione, quel territorio si trovava sino a quel momento.
Di fronte a questo effetto dell’intervento militare turco, la reazione della comunità internazionale è più decisa per la ragione che il Consiglio di Sicurezza, immediatamente, qualifica in termini giuridici questa nuova situazione, anziché prenderne atto come ci si sarebbe aspettato secondo i canoni classici. Il Consiglio di Sicurezza bolla come giuridicamente nulla, come illegale, come non avvenuta la nascita dello Stato turco-cipriota; la considera come una situazione che è in contrasto con le norme esistenti e che come tale non va riconosciuta e si appella e rivolge un attento invito a tutti gli Stati a non riconoscere la situazione che si è venuta a determinare in maniera da creare una sorta di isolamento giuridico del sedicente nuovo Stato, perché, in realtà, alla base di questa proclamazione di Stato sovrano non vi è quel requisito che il diritto internazionale tradizionalmente richiede e continua a far richiesta affinché si possa parlare di uno Stato soggetto di diritto internazionale che è costituito dall’indipendenza, cioè a dire la valutazione di questo Stato in relazione non di uno Stato indipendente e, dunque, vi è una base nei fatti di questa posizione di contrasto delle Nazioni Unite – il contrasto giuridico, di valutazione giuridica negativa del Consiglio di Sicurezza – rispetto al fatto della formazione dello Stato per come si vuole prospettare da parte dell’entità che vede la luce.
Si dice in definitiva: questo Stato si forma esclusivamente grazie al supporto militare di un altro Stato, uno Stato straniero cioè in particolare la Turchia, la quale solo ha compiuto quell’intervento militare nel 1974, ma mantiene una presenza militare assai consistente nell’isola con un numero di trentamila militari che sono dislocati sul lembo nord del territorio cipriota a sostenere la nuova entità che si è proclamata come, appunto, Stato sovrano e, dunque, nuovo Stato. Questo sta ad indicare, in definitiva, che si è in presenza non di un vero e proprio Stato nel senso del diritto internazionale, in quanto ciò sta a significare che lo Stato deve godere dell’indipendenza, ma si è in presenza, in realtà, di una amministrazione locale subordinata, che è sottoposta ad un’autorità esterna quale è quella che fa capo al governo di Ankara. In queste condizioni la situazione non merita di essere riconosciuta, alla stregua delle valutazioni correnti del diritto internazionale, come rispondente alla nascita di un nuovo soggetto di diritto internazionale questo Stato che si proclama come nuovo soggetto di diritto internazionale, repubblica turca di Cipro del nord, e non va riconosciuto.
La reazione della comunità internazionale deve essere nel senso di non tener conto di questa situazione e di continuare a considerare questa una entità sprovvista di personalità internazionale. Questa entità che si presenta piuttosto come una sorta di governo fantoccio nel senso che l’autorità reale è fuori di quell’ambito e quella che determina gli indirizzi complessivi nella condotta di quello Stato sia sul piano interno sia sul piano esterno, e questa amministrazione provvede alla cura degli affari correnti sotto le direttive di quest’autorità esterna che si individua nel governo turco.
Il Consiglio di Sicurezza deplora che questo sia avvenuto per la ragione che è accaduto in contrasto con i trattati che sono alla base della nascita di Cipro come Stato indipendente e sovrano. Il Consiglio di Sicurezza ritiene che la situazione non debba essere riconosciuta e che ci si debba attestare su una posizione di isolamento giuridico di questo Stato. Con questo Stato non si dovrebbe entrare in rapporti simili a quelli che sussistono normalmente fra enti soggetti del diritto internazionale. La situazione si può definire come quella di un territorio occupato da una autorità o potenza straniera. Un territorio illegittimamente sottratto allo Stato, cui compete la sovranità; questo sulla base dei trattati che presiedono alla nascita dello Stato cipriota e sottoposta ad una autorità che non ha titolo per esercitare questa sua posizione sovrastante e che, quindi, va contrastata non con la forza ma fronteggiata giuridicamente, disconoscendone l’esistenza come soggetto internazionale che illecitamente pretende di avere.
Questo è il quadro giuridico che emerge dalla considerazione delle prese di posizione successive a questi atteggiamenti assunti dalla comunità turco – cipriota, raggruppatosi nella parte nord dell’isola e che è stata eseguita in pratica dall’intera comunità internazionale per la ragione che se si prescinde dal riconoscimento abbastanza ovvio della Turchia medesima come Stato indipendente e sovrano. La repubblica turco – cipriota è stata riconosciuta dalla Turchia, ma questo è ovvio, essendo stata la Turchia l’artefice di questa situazione, non vi sono altri riconoscimenti.
Si è parlato di qualche disposizione a riconoscere, ad esempio, da parte del Pakistan, in realtà non risulta esserci stato mai un riconoscimento della nuova entità come Stato sovrano.
Il riconoscimento è largamente praticato nelle relazioni internazionali come atto politico cioè a dire come atto che manifesta, appunto, l’intenzione degli Stati preesistenti di allacciare i rapporti diplomatici con lo Stato di nuova formazione, ma anche come strumento di accertamento della situazione che si è venuta a creare.
Nel diritto internazionale, non esistendo un’autorità sovraordinata che possa per tutti, a nome di tutti, accertare che un determinato fatto riveste una certa qualità giuridica nella specie che si è in presenza di un vero e proprio Stato-sovrano e indipendente; quest’accertamento è rimesso agli stessi Stati che compongono la comunità internazionale, non è accentrato l’accertamento ma è diffuso nell’ambito della comunità e, quindi, il riconoscimento finisce con l’assumere anche questa valenza di accertamento. Negare l’accertamento significa non soltanto manifestare una volontà di non allacciare i rapporti come soggetti paritari – secondo le linee comuni delle relazioni internazionali -, ma sta ad indicare anche la constatazione che non ci sono i presupposti affinché si possa parlare di uno Stato nel senso del diritto internazionale. Quando una situazione è generalizzata, diviene una situazione che pesa, in maniera evidente, nello ambito della comunità internazionale.
Di fronte a questa situazione, poc’anzi descritta, qual è la prospettiva che si delinea? Le Nazioni Unite, attraverso il Segretario Generale, questa volta, sono riuscite in effetti a porre in atto un piano molto complesso e articolato, questo global settlement della questione cipriota. È un imponente corpus normativo, la cui complessità evidentemente è già un ostacolo alla conoscenza. Questa è una delle ragioni per cui – e qui ci si interroga sulle ragioni del veto russo – la Russia ha dichiarato al Consiglio di Sicurezza, al fine di motivare il suo veto, che è stato l’unico voto contrario in seno ai quindici che formano il Consiglio di Sicurezza, che “…ebbene, che ci sia tempo adeguato per una conoscenza nei contenuti di questo complesso normativo, che si possa avere il tempo della debita riflessione; che non si sia sotto l’influenza dell’autorità del Consiglio di Sicurezza; che coloro che vanno a votare il referendum non sentano sopra di sé il peso dell’autorità del organo principale delle Nazioni Unite, il Consiglio; non lo facciano perché viene considerato un qualcosa che viene dall’esterno, perché lo avvertono come una loro libera scelta, quindi, rispetto che si deve alla volontà delle scelte, all’autonomia di valutazione di chi va a votare per situazioni di questo genere”.
La ragione tecnica, che è quella che era stata diffusa maggiormente, è costituita dal fatto che si prevede accanto a quest’applicazione di tutte queste norme la sostituzione dell’attuale forza che realizza l’operazione di peace-keeping attualmente, che è quella informata ai principi del 1964 quando venne creata questa forza di peace-keeping a Cipro. Si sostituisce con una forza di peace-keeping con compiti molto articolati sui quali la Russia vuole riflettere per la ragione che si tratta di una nuova figura, di una caratterizzazione diversa di operazione di peace-keeping che potrebbe poi servire da modello anche in altre situazioni e, dunque, reclama un diritto di riflessione sulla impostazione e l’articolazione di questa operazione, sostitutiva di quella esistente proprio in funzione di una serie di nuovi compiti che vengono attribuiti.
Il Consiglio di Sicurezza, a causa del veto sovietico, motivato in questa maniera, non ha approvato l’opera portata a compimento del Segretario generale e rispetto a cui, d’altra parte, c’erano state già delle prese di distanza da parte delle stesse comunità interessate, perché nell’ambito della comunità turco-cipriota, come è ben noto, il presidente è uno che dice “no” a tutto, per cui la proposta di referendum, che è pure passata con una larga maggioranza nel settore turco-cipriota. Questo perché portatore fondamentale dell’idea della spartizione di una unità indipendente, cioè non si accetta da quel punto di vista neppure l’idea di una federazione con le larghissime autonomie che risultano da questo quadro normativo, che sta ad indicare, praticamente, che poi l’unità esiste solo per la ragione che la repubblica di Cipro parli con una sola voce nelle relazioni internazionali e possa in ipotesi di necessità difendere unitariamente le sue frontiere contro interventi militari esterni o partecipare in maniera unita ad eventuali operazioni militari che fossero decisi – per esempio – nell’ambito del Consiglio di Sicurezza, ma, poi, il resto – certo vi è anche il profilo della cittadinanza unica – sono le singole entità che fruiscono dei poteri sovrani e, quindi, c’è un’autonomia che è apprezzabile come rispettosa di quei principi di quel regolamento politico che da sempre il Consiglio di Sicurezza ha elaborato servendosi, d’altra parte, di scelte delle parti che già figuravano nei trattati del 1960.
L’idea del carattere bi-comunitario dal punto di vista politico, per esempio, l’idea del carattere bi-zonale dal punto di vista territoriale sono dei principi che l’idea che si dovesse assolutamente escludere la possibilità di secessione e quella di divisione o partizione dell’isola, e così via; questi sono elementi di indirizzo politico che sono stati ripetutamente enunciati dal Consiglio di Sicurezza che costituiscono i motivi ispiratori fondamentali della soluzione complessiva del problema cipriota, ma fermi questi principi, che sono la base della composizione del contrasto fra le comunità e, quindi, la creazione di un modus vivendi reciprocamente accettabile tra le stesse, i poteri sovrani di applicazione quotidiana e direttamente rilevanti sono poteri che le due comunità esercitano sulla base di rispettive costituzioni all’interno di questo quadro federale e che realizzano un’autonomia critica.
Volendo finire ad una valutazione conclusiva, trovo che anche se l’esito del referendum non è stato confortante dal punto di vista della conclusione della vicenda nel senso del superamento del contrasto e, quindi, della nascita di uno Stato federale con le caratteristiche che risultano da questi regolamenti, tuttavia, questo esito registra un passo avanti di non trascurabile portata per il fatto proprio che esso è stato approvato con una maggioranza rilevante – il 64% - dalla comunità turco-cipriota, sebbene approvare questo referendum significa abbandonare le idee di autonomia radicale e lo completa e, quindi, indipendenza che la comunità turca ha manifestato attraverso la proclamazione di uno Stato indipendente come la repubblica turco di Cipro del Nord ed essere entrati nell’ordine di idee dell’appartenenza di un’entità federale con larga autonomia.
Le disposizioni, senza entrare nel dettaglio, sono certamente favorevoli ad una considerazione di piena autonomia della comunità turco-cipriota, tenuto conto anche del rapporto numerico nella popolazione dell’una e dell’altra e ci sono poteri appunto di veto che fanno si che non si possa decidere unitariamente se non si è d’accordo a livello delle due comunità.
È molto importante la possibilità di bloccare una decisione se non viene condivisa a livello anche della comunità minore rispetto alla comunità maggiore cioè il principio di maggioranza non può giocare. Da questo punto di vista se ne avvantaggia la comunità minore, altrimenti subirebbe la prevalenza della comunità numericamente maggiore, ma, malgrado ciò, vi è una parte della popolazione turco-cipriota, che è velata da quel 35% che non accetta di far parte di una entità federale e che, quindi, continua a essere attestato, evidentemente, sull’idea di una indipendenza di uno Stato diverso della repubblica di Cipro. Il fatto che si sia determinata una maggioranza consistente nel senso dell’abbandono dell’idea del genere e, pertanto, dell’accettazione dell’idea invece di far parte di un’unica entità statale di tipo federale, rappresenta un passo in avanti nella direzione della soluzione del problema, mentre le resistenze da parte greco – cipriota sembra che siano più legata proprio a quei fattori che emergevano nella posizione sovietica contraria ad approvare al momento un piano, questo non significa che la Russia escluda la possibilità in futuro di fare cadere questo veto e di consentire anch’essa all’approvazione di un regolamento politico sulle basi che risultano da quegli atti da parte della comunità greco- cipriota pare che le resistenze siano più legate proprio al mancato approfondimento, per cui non vi è stato il tempo nei termini della soluzione di singoli questioni rispetto a cui non deve essere un salto nel buio approvare un regolamento. È comprensibile che vi sia un’aspettativa di tempo utile all’approfondimento della situazione, eventualmente anche a suggerire qualche ritocco, modifica più vicina alla realtà delle esigenze oggettive che le parti interessate sono collocate meglio di qualunque altro nel prospettare.
Si può, infine, esprimere un ottimismo circa il superamento allo stato attuale dell’impasse e, quindi, circa la tanto sospirata soluzione politica che dovrebbe comportare il riconoscimento da tutti, da entrambe le comunità di cui l’unico Stato – la repubblica di Cipro -, articolata in maniera federale con le autonomie di notevole spessore che questi atti assicurano ad entrambe le comunità.


Giuseppe Paccione
La questione cipriota è la problematica più annosa. È una delle più risalenti questioni ancora oggi aperte nell’ambito della comunità internazionale che le Nazioni Unite si trascinano senza riuscire a venirne a capo.
Periodicamente, il Consiglio di Sicurezza si è dovuto occupare della vicenda cipriota per eventi che hanno afflitto quell’isola e questo inizia con l’anno 1963, quando apparvero i primi scontri fra le due comunità la cui convivenza è sempre stata difficile, cui forse potremmo ricordare che ci sono radici storiche antichissime, probabilmente affondano addirittura all’epoca della guerra di Troia, questa convivenza, che non è stata assolutamente forviera di buon vicinato e, nell’isola di Cipro, si ritrovano appunto questi contrasti non sopiti e si va sempre alla ricerca di un modo di superamento dei medesimi che sia reciprocamente accettabile o soddisfacente in relazione anche alle idee moderne di convivenza pacifica fra le comunità.
Nel 1963, è incominciato l’interesse concreto del Consiglio di Sicurezza della situazione perché gli scontri fra le due comunità portarono dapprima gli inglesi su quel territorio, in seguito, su sollecitazione degli stessi inglesi, portarono alla creazione di una forza di peace-keeping, di mantenimento della pace, di una forza cuscinetto fra i contendenti che è una delle classiche operazioni di peace-keeping delle Nazioni Unite, che istituito originariamente per periodi limitati, infatti, si partì con tre mesi, ma successivamente è sempre stata regolarmente rinnovata e tuttora è presente; quindi sono trascorsi oltre quarant’anni e questa presenza delle Nazioni Unite, attraverso questa sorta di caschi blu, si protrae ancora oggi, segno tangibile del fatto che permane una situazione di tensione che è suscettibile di degenerare in qualunque momento e che è tenuta a bada proprio dalla presenza fisica di queste forze delle Nazioni Unite.
Dopo il 1946, si è avuto l’intervento militare della Turchia sulla base dell’esigenza di fronteggiare un tentativo di colpo di Stato, tendeva a realizzare l’annessione praticamente dell’isola alla Grecia all’epoca. Questo era il principio dei colonnelli e quindi del prevalere di idee piuttosto così decise in materia di uso della forza per il conseguimento dei risultati.
L’intervento militare turco del 20 luglio 1974, che la Turchia giustificava basandosi su talune disposizioni del Trattato di Garanzia del 1960, era tuttavia un intervento sicuramente da valutare in termini di contrasto, e con il trattato di garanzia medesimo che pure la Turchia invocava e, soprattutto, anche al di là dei dubbi che questo riferimento alle norme del trattato potevano determinare sicuramente con l’articolo 2 paragrafo 4 della Carta delle Nazioni Unite – i membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso della forza, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia un qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite – cioè quella norma fondamentale della Carta che pone il divieto dell’uso della forza nelle relazioni internazionali, specialmente se poi si tratta di un uso della forza che è diretto contro l’integrità territoriale di uno Stato. L’integrità territoriale è un punto decisivo in tutta questa vicenda, è una considerazione che domina in positivo la situazione.
Il rigetto o il rifiuto deciso di ipotesi e di annessione e di divisione o di spartizione dell’isola è in fondo un corollario, ma un’applicazione di questa idea fondamentale della integrità territoriale che le Nazioni Unite in principio difendono per la ragione che non si può impedire giuridicamente una secessione, ma purché non si tratti di una secessione, per così dire, alimentata o fomentata o appoggiata dall’esterno, purché non sia una secessione indotta dall’esterno.
L’idea, d’altra parte, che si potesse fare riferimento alla autodeterminazione dei popoli che è un’idea difesa dei turco-ciprioti specialmente dal capo del governo cipriota che è sempre lo stesso dall’epoca in cui questo problema si pose per la prima volta all’attenzione del Consiglio di Sicurezza, dal tempo per cui acquistò l’indipendenza la Turchia nel 1960; quest’idea è stata respinta dalla comunità internazionale perché non si in un ambito proprio dell’autodeterminazione quando ci si riferisce a Cipro.
Sull’autodeterminazione, prevalendo la idea della integrità territoriale che è il principio, il concetto antitetico a quello dell’autodeterminazione la quale porta alla secessione.
Il riconoscimento di un popolo del diritto del diritto di autodeterminazione, secondo una tendenza della comunità internazionale che si è andata sviluppandosi, in modo essenziale, in materia di lotta al colonialismo e, quindi, di affrancamento dei popoli della dominazione coloniale, trova un suo limite nell’integrità territoriale che in principio va rispettato da parte degli Stati.
Il Consiglio di Sicurezza di fronte all’intervento militare turco reagì prontamente con l’adozione di due risoluzioni che sono capisaldi nell’ambito di questa vicenda complessiva di Cipro: la risoluzione del 20 luglio 1974 ed un’altra del 12 marzo 1975, che peraltro segue una risoluzione dell’Assemblea Generale del novembre 1974 e che fa propria questa risoluzione. Entrambi gli organi furono investiti della cognizione della questione e si pronunciarono.
La sostanza di queste risoluzioni fu in pratica di chiedere che cessassero i combattimenti ed esigere e non imporre, che si ponesse fine all’intervento militare straniero a Cipro in quanto intervento in contrasto con la sovranità, l’integrità territoriale e l’indipendenza politica, l’unità dello Stato di Cipro e l’invito, successivamente, a ripristinare condizioni pacifiche e l’ordine costituzionale che era stato turbato appunto dall’intervento di forze militari. E questo del ritiro delle forze militari straniere diventa una sorta di valido motivo nelle risoluzioni, nelle prese di posizioni delle Nazioni Unite a questo riguardo. Richieste di ritiro, non si direbbe che si possa individuare decisioni e, quindi, valutazioni nettamente negative della situazione che, peraltro, non sono mai seguite, per quanto concerne l’intervento militare, dall’applicazione di sanzioni nei riguardi dello Stato che si rende colpevole della violazione del divieto dell’uso della forza.
Vi è sempre un atteggiamento relativamente morbido del Consiglio di Sicurezza, cosa che si inquadra nella situazione internazionale complessiva dell’epoca, nella quale il sistema di garanzia collettivo, previsto dalla Carta delle Nazioni Unite, funzionava poco male per la ragione che era bloccato generalmente dal vero incrociato di questo o quello dei cinque membri Permanenti del Consiglio di Sicurezza e, d’altra parte, gli stessi Stati, che erano interessati più direttamente alla composizione del conflitto, non volevano; in pratica, questo emergeva dalla lettura dei temi della situazione, forzava la mano nei confronti di questo o quello dei contendenti. Non si dimentichi che e la Grecia e la Turchia facevano parte della NATO. Era una classica controversia nell’ambito di un certo campo delle relazioni internazionali quello che registrava come capofila – appunto gli Stati Uniti – in contrapposizione al campo dominato dall’URSS e per quanto fosse perniciosa questa situazione la tendenza era non pronunciarsi nettamente a favore dell’uno o dell’altro, ma piuttosto a superare il conflitto e soltanto le parti ad un regolamento politico della questione e questo è infatti un altro lift motif che ricorre nelle risoluzioni concernenti questo campo, dove, appunto, si cerca sempre di spingere le parti verso la ricerca di un regolamento politico.
Si mette da parte l’idea di un intervento sanzionatorio. Prevedere sanzioni che non si significa necessariamente azione coercitiva che era terribilmente arduo poter immaginare in quel periodo, ma neppure misure non implicanti l’uso della forza con quello di carattere economico, anche da quelle che pure la Carta delle Nazioni Unite prevede come conseguenza di un accertamento della violazione della pace o di un atto di aggressione, anche di una mera minaccia alla pace, pure quelle venivano, praticamente, poste da parte nel senso che non si ricorrevano ad azioni di misure del genere e si spingeva, al contrario, verso un regolamento politico della questione; la ricerca, quindi, di una soluzione concordata tra le parti in ordine al problema che era sul tappeto. Le Nazioni Unite, contemporaneamente, peraltro, attraverso e il Consiglio di Sicurezza e l’Assemblea Generale, rivolgono l’attenzione all’effetto, per così dire, dell’intervento militare turco, che è costituito dalla proclamazione di uno stato federato turco, a seguito dell’intervento del 1974 e che, successivamente, nel novembre 1983, diventa proclamazione di uno Stato indipendente. Uno Stato indipendente della Repubblica turca di Cipro del Nord, che viene proclamato in funzione abbastanza trasparentemente dell’obiettivo politico di creare un fatto compiuto, facendo leva sul principio di effettività, che è un principio che domina tradizionalmente le relazioni internazionali, per cui dinanzi ad una secessione che si realizza e quindi alla nascita oggettiva dei fatti di uno Stato indipendente e sovrano. La comunità internazionale non ha che da prendere atto della situazione e, quindi, riconosce il dato di fatto del processo di formazione di un nuovo Stato.
Di fronte a questa situazione che è, appunto, il portato dell’intervento militare del 1974, poi ha un suo seguito anche più spinto e rilevante nel 1983 con la proclamazione dello Stato indipendente, si passa dall’affermazione di un autonomia di tipo federale che implica sempre l’accettazione di un’autorità sopra ordinata; appunto, l’autorità federale che si contrappone all’autorità dello Stato federato cioè ad un margine di autonomia ma, comunque, rientra in un quadro statale più ampio che non comprende. Si passa da questo alla proclamazione di uno Stato indipendente e, quindi, rifiutando qualunque autorità sovra ordinata sotto qualunque versante, uno Stato, che nell’intendimento di chi lo proclama, si contrappone allo Stato sotto la cui autorità quella popolazione, quel territorio si trovava sino a quel momento.
Di fronte a questo effetto dell’intervento militare turco, la reazione della comunità internazionale è più decisa per la ragione che il Consiglio di Sicurezza, immediatamente, qualifica in termini giuridici questa nuova situazione, anziché prenderne atto come ci si sarebbe aspettato secondo i canoni classici. Il Consiglio di Sicurezza bolla come giuridicamente nulla, come illegale, come non avvenuta la nascita dello Stato turco-cipriota; la considera come una situazione che è in contrasto con le norme esistenti e che come tale non va riconosciuta e si appella e rivolge un attento invito a tutti gli Stati a non riconoscere la situazione che si è venuta a determinare in maniera da creare una sorta di isolamento giuridico del sedicente nuovo Stato, perché, in realtà, alla base di questa proclamazione di Stato sovrano non vi è quel requisito che il diritto internazionale tradizionalmente richiede e continua a far richiesta affinché si possa parlare di uno Stato soggetto di diritto internazionale che è costituito dall’indipendenza, cioè a dire la valutazione di questo Stato in relazione non di uno Stato indipendente e, dunque, vi è una base nei fatti di questa posizione di contrasto delle Nazioni Unite – il contrasto giuridico, di valutazione giuridica negativa del Consiglio di Sicurezza – rispetto al fatto della formazione dello Stato per come si vuole prospettare da parte dell’entità che vede la luce.
Si dice in definitiva: questo Stato si forma esclusivamente grazie al supporto militare di un altro Stato, uno Stato straniero cioè in particolare la Turchia, la quale solo ha compiuto quell’intervento militare nel 1974, ma mantiene una presenza militare assai consistente nell’isola con un numero di trentamila militari che sono dislocati sul lembo nord del territorio cipriota a sostenere la nuova entità che si è proclamata come, appunto, Stato sovrano e, dunque, nuovo Stato. Questo sta ad indicare, in definitiva, che si è in presenza non di un vero e proprio Stato nel senso del diritto internazionale, in quanto ciò sta a significare che lo Stato deve godere dell’indipendenza, ma si è in presenza, in realtà, di una amministrazione locale subordinata, che è sottoposta ad un’autorità esterna quale è quella che fa capo al governo di Ankara. In queste condizioni la situazione non merita di essere riconosciuta, alla stregua delle valutazioni correnti del diritto internazionale, come rispondente alla nascita di un nuovo soggetto di diritto internazionale questo Stato che si proclama come nuovo soggetto di diritto internazionale, repubblica turca di Cipro del nord, e non va riconosciuto.
La reazione della comunità internazionale deve essere nel senso di non tener conto di questa situazione e di continuare a considerare questa una entità sprovvista di personalità internazionale. Questa entità che si presenta piuttosto come una sorta di governo fantoccio nel senso che l’autorità reale è fuori di quell’ambito e quella che determina gli indirizzi complessivi nella condotta di quello Stato sia sul piano interno sia sul piano esterno, e questa amministrazione provvede alla cura degli affari correnti sotto le direttive di quest’autorità esterna che si individua nel governo turco.
Il Consiglio di Sicurezza deplora che questo sia avvenuto per la ragione che è accaduto in contrasto con i trattati che sono alla base della nascita di Cipro come Stato indipendente e sovrano. Il Consiglio di Sicurezza ritiene che la situazione non debba essere riconosciuta e che ci si debba attestare su una posizione di isolamento giuridico di questo Stato. Con questo Stato non si dovrebbe entrare in rapporti simili a quelli che sussistono normalmente fra enti soggetti del diritto internazionale. La situazione si può definire come quella di un territorio occupato da una autorità o potenza straniera. Un territorio illegittimamente sottratto allo Stato, cui compete la sovranità; questo sulla base dei trattati che presiedono alla nascita dello Stato cipriota e sottoposta ad una autorità che non ha titolo per esercitare questa sua posizione sovrastante e che, quindi, va contrastata non con la forza ma fronteggiata giuridicamente, disconoscendone l’esistenza come soggetto internazionale che illecitamente pretende di avere.
Questo è il quadro giuridico che emerge dalla considerazione delle prese di posizione successive a questi atteggiamenti assunti dalla comunità turco – cipriota, raggruppatosi nella parte nord dell’isola e che è stata eseguita in pratica dall’intera comunità internazionale per la ragione che se si prescinde dal riconoscimento abbastanza ovvio della Turchia medesima come Stato indipendente e sovrano. La repubblica turco – cipriota è stata riconosciuta dalla Turchia, ma questo è ovvio, essendo stata la Turchia l’artefice di questa situazione, non vi sono altri riconoscimenti.
Si è parlato di qualche disposizione a riconoscere, ad esempio, da parte del Pakistan, in realtà non risulta esserci stato mai un riconoscimento della nuova entità come Stato sovrano.
Il riconoscimento è largamente praticato nelle relazioni internazionali come atto politico cioè a dire come atto che manifesta, appunto, l’intenzione degli Stati preesistenti di allacciare i rapporti diplomatici con lo Stato di nuova formazione, ma anche come strumento di accertamento della situazione che si è venuta a creare.
Nel diritto internazionale, non esistendo un’autorità sovraordinata che possa per tutti, a nome di tutti, accertare che un determinato fatto riveste una certa qualità giuridica nella specie che si è in presenza di un vero e proprio Stato-sovrano e indipendente; quest’accertamento è rimesso agli stessi Stati che compongono la comunità internazionale, non è accentrato l’accertamento ma è diffuso nell’ambito della comunità e, quindi, il riconoscimento finisce con l’assumere anche questa valenza di accertamento. Negare l’accertamento significa non soltanto manifestare una volontà di non allacciare i rapporti come soggetti paritari – secondo le linee comuni delle relazioni internazionali -, ma sta ad indicare anche la constatazione che non ci sono i presupposti affinché si possa parlare di uno Stato nel senso del diritto internazionale. Quando una situazione è generalizzata, diviene una situazione che pesa, in maniera evidente, nello ambito della comunità internazionale.
Di fronte a questa situazione, poc’anzi descritta, qual è la prospettiva che si delinea? Le Nazioni Unite, attraverso il Segretario Generale, questa volta, sono riuscite in effetti a porre in atto un piano molto complesso e articolato, questo global settlement della questione cipriota. È un imponente corpus normativo, la cui complessità evidentemente è già un ostacolo alla conoscenza. Questa è una delle ragioni per cui – e qui ci si interroga sulle ragioni del veto russo – la Russia ha dichiarato al Consiglio di Sicurezza, al fine di motivare il suo veto, che è stato l’unico voto contrario in seno ai quindici che formano il Consiglio di Sicurezza, che “…ebbene, che ci sia tempo adeguato per una conoscenza nei contenuti di questo complesso normativo, che si possa avere il tempo della debita riflessione; che non si sia sotto l’influenza dell’autorità del Consiglio di Sicurezza; che coloro che vanno a votare il referendum non sentano sopra di sé il peso dell’autorità del organo principale delle Nazioni Unite, il Consiglio; non lo facciano perché viene considerato un qualcosa che viene dall’esterno, perché lo avvertono come una loro libera scelta, quindi, rispetto che si deve alla volontà delle scelte, all’autonomia di valutazione di chi va a votare per situazioni di questo genere”.
La ragione tecnica, che è quella che era stata diffusa maggiormente, è costituita dal fatto che si prevede accanto a quest’applicazione di tutte queste norme la sostituzione dell’attuale forza che realizza l’operazione di peace-keeping attualmente, che è quella informata ai principi del 1964 quando venne creata questa forza di peace-keeping a Cipro. Si sostituisce con una forza di peace-keeping con compiti molto articolati sui quali la Russia vuole riflettere per la ragione che si tratta di una nuova figura, di una caratterizzazione diversa di operazione di peace-keeping che potrebbe poi servire da modello anche in altre situazioni e, dunque, reclama un diritto di riflessione sulla impostazione e l’articolazione di questa operazione, sostitutiva di quella esistente proprio in funzione di una serie di nuovi compiti che vengono attribuiti.
Il Consiglio di Sicurezza, a causa del veto sovietico, motivato in questa maniera, non ha approvato l’opera portata a compimento del Segretario generale e rispetto a cui, d’altra parte, c’erano state già delle prese di distanza da parte delle stesse comunità interessate, perché nell’ambito della comunità turco-cipriota, come è ben noto, il presidente è uno che dice “no” a tutto, per cui la proposta di referendum, che è pure passata con una larga maggioranza nel settore turco-cipriota. Questo perché portatore fondamentale dell’idea della spartizione di una unità indipendente, cioè non si accetta da quel punto di vista neppure l’idea di una federazione con le larghissime autonomie che risultano da questo quadro normativo, che sta ad indicare, praticamente, che poi l’unità esiste solo per la ragione che la repubblica di Cipro parli con una sola voce nelle relazioni internazionali e possa in ipotesi di necessità difendere unitariamente le sue frontiere contro interventi militari esterni o partecipare in maniera unita ad eventuali operazioni militari che fossero decisi – per esempio – nell’ambito del Consiglio di Sicurezza, ma, poi, il resto – certo vi è anche il profilo della cittadinanza unica – sono le singole entità che fruiscono dei poteri sovrani e, quindi, c’è un’autonomia che è apprezzabile come rispettosa di quei principi di quel regolamento politico che da sempre il Consiglio di Sicurezza ha elaborato servendosi, d’altra parte, di scelte delle parti che già figuravano nei trattati del 1960.
L’idea del carattere bi-comunitario dal punto di vista politico, per esempio, l’idea del carattere bi-zonale dal punto di vista territoriale sono dei principi che l’idea che si dovesse assolutamente escludere la possibilità di secessione e quella di divisione o partizione dell’isola, e così via; questi sono elementi di indirizzo politico che sono stati ripetutamente enunciati dal Consiglio di Sicurezza che costituiscono i motivi ispiratori fondamentali della soluzione complessiva del problema cipriota, ma fermi questi principi, che sono la base della composizione del contrasto fra le comunità e, quindi, la creazione di un modus vivendi reciprocamente accettabile tra le stesse, i poteri sovrani di applicazione quotidiana e direttamente rilevanti sono poteri che le due comunità esercitano sulla base di rispettive costituzioni all’interno di questo quadro federale e che realizzano un’autonomia critica.
Volendo finire ad una valutazione conclusiva, trovo che anche se l’esito del referendum non è stato confortante dal punto di vista della conclusione della vicenda nel senso del superamento del contrasto e, quindi, della nascita di uno Stato federale con le caratteristiche che risultano da questi regolamenti, tuttavia, questo esito registra un passo avanti di non trascurabile portata per il fatto proprio che esso è stato approvato con una maggioranza rilevante – il 64% - dalla comunità turco-cipriota, sebbene approvare questo referendum significa abbandonare le idee di autonomia radicale e lo completa e, quindi, indipendenza che la comunità turca ha manifestato attraverso la proclamazione di uno Stato indipendente come la repubblica turco di Cipro del Nord ed essere entrati nell’ordine di idee dell’appartenenza di un’entità federale con larga autonomia.
Le disposizioni, senza entrare nel dettaglio, sono certamente favorevoli ad una considerazione di piena autonomia della comunità turco-cipriota, tenuto conto anche del rapporto numerico nella popolazione dell’una e dell’altra e ci sono poteri appunto di veto che fanno si che non si possa decidere unitariamente se non si è d’accordo a livello delle due comunità.
È molto importante la possibilità di bloccare una decisione se non viene condivisa a livello anche della comunità minore rispetto alla comunità maggiore cioè il principio di maggioranza non può giocare. Da questo punto di vista se ne avvantaggia la comunità minore, altrimenti subirebbe la prevalenza della comunità numericamente maggiore, ma, malgrado ciò, vi è una parte della popolazione turco-cipriota, che è velata da quel 35% che non accetta di far parte di una entità federale e che, quindi, continua a essere attestato, evidentemente, sull’idea di una indipendenza di uno Stato diverso della repubblica di Cipro. Il fatto che si sia determinata una maggioranza consistente nel senso dell’abbandono dell’idea del genere e, pertanto, dell’accettazione dell’idea invece di far parte di un’unica entità statale di tipo federale, rappresenta un passo in avanti nella direzione della soluzione del problema, mentre le resistenze da parte greco – cipriota sembra che siano più legata proprio a quei fattori che emergevano nella posizione sovietica contraria ad approvare al momento un piano, questo non significa che la Russia escluda la possibilità in futuro di fare cadere questo veto e di consentire anch’essa all’approvazione di un regolamento politico sulle basi che risultano da quegli atti da parte della comunità greco- cipriota pare che le resistenze siano più legate proprio al mancato approfondimento, per cui non vi è stato il tempo nei termini della soluzione di singoli questioni rispetto a cui non deve essere un salto nel buio approvare un regolamento. È comprensibile che vi sia un’aspettativa di tempo utile all’approfondimento della situazione, eventualmente anche a suggerire qualche ritocco, modifica più vicina alla realtà delle esigenze oggettive che le parti interessate sono collocate meglio di qualunque altro nel prospettare.
Si può, infine, esprimere un ottimismo circa il superamento allo stato attuale dell’impasse e, quindi, circa la tanto sospirata soluzione politica che dovrebbe comportare il riconoscimento da tutti, da entrambe le comunità di cui l’unico Stato – la repubblica di Cipro -, articolata in maniera federale con le autonomie di notevole spessore che questi atti assicurano ad entrambe le comunità.


Giuseppe Paccione

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